Risposta a RETE

Risposta a RETE

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Dopo il passaggio in commissione della nuova legge sulla procedura penale, le forze di opposizione, alle quali si è unita la CSDL, hanno espresso forti preoccupazioni sul destino del Processo Mazzini che, con l’introduzione del giudizio di terza istanza ed il conseguente decorrere dei tempi, rischia la prescrizione. Oltre al fatto che alla stesura del provvedimento hanno partecipato (e poi lo hanno votato) consiglieri-avvocati che sono i rappresentanti delle difese di alcuni imputati in processi eccellenti.

A queste denunce ha risposto Rete con un comunicato in cui giustifica la nuova legge perché colmerebbe lacune che si guarda bene dal citare, accusa l’opposizione di giustizialismo e di essere responsabile dei rallentamenti del Processo Mazzini. Accusa risibile dal momento che è l’attuale governo e non altri che, alla vigilia della sentenza definitiva, interviene per allungare i tempi del processo istituendo il giudizio di terzo grado ed arrivare così alla prescrizione dei reati.

Insomma, un provvedimento ad hoc che non era difficile prevedere rileggendo la storia recente della “terra da ceci in Tribunale”. Più volte Repubblica Futura aveva scritto, all’inizio di legislatura, come uno dei principali obiettivi del governo e della maggioranza fosse quello di affossare il Processo Mazzini. Oggi sono vicini alla meta.

Con l’ultimo comunicato, Rete conferma le virate che tanto l’hanno resa impopolare presso i suoi elettori e nel Paese: debito pubblico, ritorno delle Poste nella PA, gli stipendi di Banca Centrale, la piena appartenenza alla “casta” tanto vituperata in passato (vedi il festino del primo aprile e l’imminente gita a Dubai), la segretezza di molti atti di governo alla faccia della trasparenza.

Abbiamo già ricordato, a proposito di Rete e del Conto Mazzini, la sprezzante manifestazione delle arance contro chi era stato privato della libertà e l’ordine del giorno consiliare per l’istituzione di una festa nazionale nella ricorrenza dell’arresto di Gabriele Gatti. Ma non c’è solo questo.

Il 4 luglio 2017, dopo pochi giorni dalle condanne in primo grado, Rete e MdSi scrissero: “è una sentenza che i sammarinesi aspettavano da tempo, da quando la magistratura ha portato alla luce l’esistenza di una associazione a delinquere con protagonisti alcuni dei personaggi più famosi a San Marino. Non che i sammarinesi non fossero persuasi dell’esistenza della corruzione nel nostro Paese. Ma forse difficilmente potevano immaginarne la portata e il livello di trasversalità tra i partiti. Dalla Democrazia Cristiana al Partito dei Socialisti e dei Democratici, per passare poi agli ex democristiani dell’UpR…”.

Il 7 luglio 2017, nel corso di una intervista, Roberto Ciavatta, alla domanda “soddisfatto delle condanne? cosa ha rappresentato, in particolare per Rete, quell’inchiesta?”, rispondeva: “quando nel 2013 sono iniziati gli arresti l’abbiamo vissuto come un piccolo risveglio delle coscienze, per questo abbiamo sostenuto la magistratura a spada tratta, a volte anche platealmente. Oggi dobbiamo constatare che alcune condanne sono arrivate, ci auguriamo che vengano confermate in appello e ci spiace che alcuni personaggi se la caveranno senza fare un giorno di carcere”. E si domandava in un altro passaggio dell’intervista: “i politici che per anni non si sono accorti di avere dentro il partito o in coalizione una tale ragnatela di interessi incrociati, come possono pretendere, oggi, di essere credibili quando propagandano il loro impegno a tutela dell’intero Paese?”

Ma i tempi cambiano perché Rete non solo si allea con la Dc (e sicuramente Ciavatta si dimentica di ripetere la sua domanda a Giancarlo Venturini…) ma incomincia a prendere le distanze dalle condanne del Processo Mazzini, prima con la Tonnini che lo definisce un “processo politico”, poi con il fiancheggiatore Alberto Forcellini – una signora di destra approdata alla sinistra bolscevica – che scrive: “… stando agli sviluppi e alle dichiarazioni di autorevoli esponenti del foro sammarinese, pare che fosse tutta una storia romanzata, senza alcun supporto giuridico, solo per colpire una certa classe politica e sostituirla con un’altra”, come se il sequestro di immobili e valigette milionarie fossero una trovata di alcuni buontemponi.

La virata di Rete si completa con lo strampalato comunicato di ieri “in punta di diritto”, materia del tutto estranea alle competenze degli improvvisati scribacchini. La metamorfosi si è completata anche su questa vicenda: Rete ha oggi sposato pienamente il “colpo di spugna” della Dc, di alcuni alleati e dei consiglieri-avvocati sempre con le antenne diritte a vantaggio dei loro assistiti-imputati. Complimenti!

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