Da un po’ di tempo mi sono avvicinato alla politica, fino a candidarmi quest’anno nella lista di Repubblica Futura.
La cosa che mi ha colpito di più in questo periodo è l’incapacità di una larga fetta di persone a giudicare con pensiero critico i fatti e le situazioni, come i tanti – perennemente connessi su Facebook ma non solo – che hanno chiaro il modo di risollevare le sorti di questa Repubblica e la risposta su qualsiasi tema.
Post e commenti sono sempre 2 o 3 mantra con cui si risponde a qualunque cosa. L’avversione per il ragionamento e l’amore per le frasi fatte sono permeati sempre dalla stessa emozione: la rabbia. I “Napalm51” locali, alcuni dei quali hanno goduto dei benefici della San Marino da bere degli anni ’90, hanno preso sul serio la nota frase di Ken Loach “se non sei arrabbiato, che razza di persona sei?”. E mi chiedo: la rabbia può essere un motore per la politica? Che differenza c’è tra politica e rabbia?
La rabbia può essere sacrosanta. Può essere un grido di dolore per un’ingiustizia subita, una lotta per un diritto negato. Ma può essere altro. Di questi tempi è un sentimento diffuso ed è un sentimento potente che può essere diretto, pilotato e fomentato.
A differenza dell’ansia e della paura, che invitano alla chiusura e al disimpegno, la rabbia è il sentimento che mobilita al coinvolgimento politico, più dell’entusiasmo. La politica che rinuncia a parlare di valori e di proposte gioca quasi tutto sulle emozioni, sulle percezioni, perché sono quelle che muovono la gran parte della gente, e la rabbia è il jolly che hanno pescato i populisti e lo tengono stretto perché presenta aspetti molto utili per coloro che intendono sfruttarlo. Innanzitutto riduce il desiderio di informarsi, non approfondisce, ha già capito tutto. Quando il populista riesce ad agganciare il rabbioso, seguendo alcune regole di comunicazione e marketing politico, può raccontargli “A” e poi il contrario di “A” ma non cambia nulla, il rabbioso lo segue ciecamente. Non è quindi l’autonomia di pensiero che guida il rabbioso ma le sue emozioni.
La rabbia ha bisogno di alimentarsi: quale miglior nutrimento se non indicare il nemico responsabile della tua rabbia? La casta, i poteri forti, le lobby: risorse sempre disponibili, che non finiscono mai, per sfamare la rabbia. Quindi il focus non è sulle proposte e i ragionamenti, ma sulle accuse agli avversari responsabili anche dei giorni di pioggia.
Certamente i movimenti che si basano sul populismo avranno un programma e proposte concrete ma il modo di comunicare è indicativo e lo si vede quasi in ogni annuncio, post o commento su Facebook: sempre una critica feroce agli “altri”. Un solco profondo separa i “noi”, quelli delle mani libere, da tutti gli altri, quelli delle mafie nostrane e quelli che sono dei deboli perché si inchinano al potere, quelli che hanno sfasciato il paese, che preferiscono la continuità all’alternativa, che si sono arricchiti alle spalle del popolo.
Un commento emblematico in questo senso, che prendo in prestito da un rabbioso sammarinese postato su Facebook pochi giorni fa: “siamo un gruppo di persone che si mette in gioco in un momento drammatico e lo facciamo con le mani pulite…” e fin qui tutto bene ma che non ce la fa a rinunciare a schizzare un po’ di fango e continua con “… lo facciamo con le mani pulite da tutta quelle merda che anche voi ahimè avete toccato”. Noi e loro, i puri (pochi) e gli impuri (tutti gli altri). Si gioca tutta qui la campagna dei rabbiosi ma l’atteggiamento fa intuire una certa insicurezza sulle proprie capacità e soluzioni.
Ciò che sta dietro alla rabbia è sempre la stessa narrazione. Il mito che assicura che il mondo corrotto sarà spazzato via e dalla sua distruzione sorgerà un mondo più giusto, con i potenti nella polvere e gli esclusi al comando. Trama potentissima e continuamente alimentata da questa irreparabile sfiducia nella ragione, da varie paure e, talvolta, dal proprio personale fallimento esistenziale di cui si vuol dare la colpa a qualcun altro.
Questa modalità di concepire l’impegno in politica è lontanissima da me e, credo, dagli amici candidati in Repubblica Futura. Per me la politica è impegno concreto, studio, ricerca della soluzione migliore, pazienza nel ragionare con chi è diverso da me, abbandono di qualsiasi pregiudizio e ideologia. La rabbia che non si cala nella politica con questi panni è una rabbia inutile, perché non aiuta a rimuovere le cause della rabbia stessa.
Rinuncia a vedere i semi di cambiamento che pure ci sono stati in questi anni apparentemente poco produttivi; che ha paura di prendere posizione e di distinguere chi ha davvero lavorato per costruire un paese migliore – magari con errori ma ci ha provato – da chi ha navigato con rassegnazione o, peggio, da chi ha aiutato i nostalgici di una San Marino opaca e truffaldina.
Una rabbia così genera incomunicabilità, e in una democrazia l’incomunicabilità è dannosissima perché il ruolo dell’opposizione praticamente è assente: con veti e teorie complottistiche alla fine fa il gioco della maggioranza di turno. Una rabbia che non si fa politica vera raccoglie oggi molto consenso ma distribuisce illusioni. Si badi bene, è lontana da me l’idea di sostenere lo status quo: in realtà l’unico modo per cambiare davvero le cose è la pazienza di partecipare al servizio della politica senza presunzione, senza vedere complotti dietro ogni cosa, con spirito costruttivo, in cui la parola compromesso non è una bestemmia ma il sale della democrazia. Solo nelle dittature non c’è mai compromesso. Le persone che fanno questo sforzo sono senza illusioni, e diventa molto difficile essere manipolati quando non si hanno illusioni.
Pier Luigi Zanotti