Ancora sulle 3 Istanze d’Arengo relative all’insegnamento della religione cattolica, pubblichiamo l’intervento del consigliere Mara Valentini.
Prima di tutto una premessa importante per una differenziazione senza la quale ogni riflessione diventa inadeguata: l’IRC non è insegnamento del Catechismo. L’IRC nella Scuola è disciplina di tipo culturale, sostanzialmente diversa rispetto ad un insegnamento catechistico il quale presuppone la fede, la celebrazione dei misteri cristiani e la partecipazione alla vita della Chiesa Cattolica.
In questo senso l’IRC è da considerarsi un bene “laico” della scuola in quanto tale e della società intera, e non semplice patrimonio dei credenti, né tantomeno privilegio della Chiesa Cattolica. L’IRC non mira all’adesione confessionale al cattolicesimo, ma ad una conoscenza delle Dottrine (Teologia), della Storia e del rilevante patrimonio letterario, artistico e musicale ispirato al Cattolicesimo. Un patrimonio artistico e letterario che ha gettato le basi della Cultura dell’Occidente e del nostro Paese in particolare, una tradizione ancora viva ed ispiratrice di umanesimo nelle sue varie forme.
Se alziamo gli occhi ne possiamo vedere una testimonianza in questa sala Consiliare.
A sostegno di tutto ciò c’è da considerare che la scuola, per sua natura, è aperta ad un “di più di saperi”, per questo non propone e spero non proporrà mai, di per sé una diminuzione di conoscenze, soprattutto conoscenze così rilevanti dal punto di vista antropologico come la conoscenza dell’esperienza religiosa, ricca di stimoli formativi, informazione, erudizione, ma anche di cultura nel senso più alto del termine.
Proprio per tali motivi i programmi dell’IRC prevedono all’interno dei curricula elementi di storia comparata delle religioni, e più in generale, la presentazione del fatto religioso nelle sue manifestazioni filosofiche, esperienziali e psicologiche.
Per sua natura l’esperienza religiosa è considerata elemento fondamentale dell’umano, tanto da costituirne, nella sua varietà, una dimensione imprescindibile e universale.
Oggi si registra un significativo e preoccupante analfabetismo circa il fatto religioso in genere e questo costituisce, come si può intuire anche un delicato e preoccupante impoverimento culturale.
La discussione sulla necessità, opportunità e utilità dell’IRC deve essere scevra da ogni finalità di indottrinamento o proselitismo, ma parimenti deve essere libera da posizioni ideologiche.
Spetta alla famiglia stabilire l’indirizzo religioso da dare ai propri figli e non è compito della scuola assumere questa responsabilità ed è proprio nel rispetto di tale libertà che ad ogni studente dovrà essere data la possibilità di assumere quegli elementi necessari per una scelta consapevole in vista di un eventuale appartenenza religiosa.
Ma cosa chiede la Chiesa? Essa esige che gli “insegnanti siano eccellenti per retta dottrina , per testimonianza di vita corretta e per abilità pedagogica in ordine ad un insegnamento qualificato e qualificante”. L’accertamento dell’abilità pedagogica e la competenza culturale sono, per loro natura, di competenza dello Stato e più precisamente del Dirigente della Scuola.
Ricordo infine che gli insegnanti di religione abilitati devono frequentare il Corso Superiore di Scienze Religiose (3 più 2)e devono ottenere la Laurea in Scienze Religiose , Laurea Magistrale Pedagogica – Didattica. Un percorso formativo rigoroso e impegnativo, ma soprattutto di alto livello culturale.
Per i motivi che ho appena illustrato voterò contro le istanze n 5, n 6 e n 7.