Come sempre nel nostro paese, quando i temi diventano caldi, ci scopriamo medici, bancari, finanzieri e oggi anche insegnanti. Sul decreto scuola, ho cercato di tenere un profilo istituzionale e soprattutto corretto nei confronti del ruolo sociale che l’insegnante ha.
Infatti, vorrei ricordare che l’insegnante è in primo luogo un educatore ed un formatore. I bambini che con noi fanno un percorso di crescita hanno bisogno di esempi positivi, siano essi familiari o dagli educatori. Hanno necessità di poter vedere nell’adulto una persona positiva, che sebbene con inevitabili errori, sia da esempio.
In questa settimana mi sono interrogato su cosa pensassero i nostri ragazzi, i bambini, di quello che si sta dicendo, scrivendo e manifestando nel paese. Ho letto, sentito e visto messaggi piuttosto sui generis sul nostro sistema scolastico, di persone che vorrebbero essere degli esempi di rispetto, di educazione e di modello di vita. Ho letto falsità gratuite, denigrazioni, mancanze di rispetto, rispetto che dovrebbe essere alla base del buon educatore e cittadino.
Personalmente ho sempre cercato di affrontare l’argomento e la professione, lasciandomi alle spalle la parte politica, l’interesse partitico e cercando di affrontare il problema per quello che è.
Partiamo dall’inizio: la rimostranza degli insegnanti per il mantenimento dello status quo e’ legittima.
Alcuni insegnanti vogliono mantenere la scuola per quello che è, vogliono, forse che l’organizzazione educativa ed organizzativa sia la medesima degli ultimi trent’anni, che la giornata scolastica non abbia modificazioni. Ma è altrettanto legittimo che la politica si interroghi su quali politiche vuole dare al paese in ambito scolastico per il prossimo decennio, con una situazione demografica mutata.
Possiamo raccontarcela che i numeri non debbano contare, che a prescindere dagli stessi non ci debba essere una organizzazione scolastica differente, che si è sempre fatto così quindi si deve procedere. Non è accettabile far passare il messaggio che una scuola che rivede la propria organizzazione, con numeri che cambiano drasticamente, sia sinonimo di minor qualità dell’insegnamento.
Questo è paradigma che lascio a chi parla di scuola senza esserci mai entrato, a chi vuole diffondere messaggi distorsivi per alzare polveroni, con finalità puramente politiche. Invece vado incontro e con tanto entusiasmo, a coloro che voglio discutere di un modello organizzativo differente, con proposte, finalità costruttive e con metodo. Sono convinto che la stragrande maggioranza del personale docente sia pertinente al secondo filone e non al primo.
Possiamo dire che il calo delle nascite sia un fattore temporaneo. Oddio i numeri parlano di crollo, di una diminuzione del 35% in dieci anni e non penso sia legittimo parlare di situazione indifferente.
In realtà sociali diverse da San Marino in ottica di contenimento della spesa e non solo, scuole con meno di 65 bambini, si chiudono e si accorpano classi ed insegnanti.
Questo governo non ha voluto procedere in questa direzione perché non lo riteneva rispettoso, soprattutto delle realtà periferiche.
Voglio prendere ad esempio una frase che il collega Morganti ha detto in una recente trasmissioni di Rtv, “la scuola in un piccolo castello, crea socialità”. La confermo, e rimarco che questa scelta del governo è stata opportuna. Come opportuna è stata la scelta di attuare la sperimentazione dall’anno scolastico 2019-2020 cosi da strutturare la sperimentazione stessa denominata “classi aperte” in maniera più ragionata, completa ed in collaborazione con il personale docente.
E’ chiaro che l’atteggiamento deve cambiare. Ogni sperimentazione può avere aspetti positivi, occorre coglierli e mettere in campo le migliori energie.
Per quanto riguarda insegnanti di sostegno la situazione rimarrà quella degli ultimi anni. Chi sostiene che San Marino e le sue istituzioni non sia attento alla disabilità dice una falsità.
San Marino è all’avanguardia per i bisogni dei suoi cittadini con esigenze specifiche sia in termini di assistenza sociale che di strutture. E questo, ovviamente, non solo per l’ambiente scolastico ma in tutta la prospettiva di vita.
La sperimentazione, che sarà scritta a più mani, non sarà una soluzione posticcia, ma una progettazione organica, quindi chi parla di sostituzioni di personale organizzato all’ultimo momento, diffonde un concetto inesatto e non puntuale.
Come immutata è la qualità della nostra scuola dell’infanzia, che ricordo per chi non lo sapesse, è una delle poche organizzazioni scolastiche che ottempera perfettamente alle esigenze dei genitori: infatti la nostra prima istituzione scolastica chiude le porte alle 18.
In moltissimi paesi europei le scuole dell’infanzia fanno terminare le lezioni alle 16. Riguardo la scuola dell’infanzia è stato modificato il rapporto numerico solo nella fascia 35/52. Il resto rimane immutato. Questa rimodulazione degli insegnanti nella fascia suddetta va a correggere un’impostazione per cui con 34 alunni si avevano 4 insegnanti e con l’aumento di un solo bambino scattavano 6 insegnanti fino ai 52 bambini. Oggi vi è stata rimodulata la fascia in maniera progressiva. Ricordo che l’assegnazione degli insegnanti vien fatta sul numero degli iscritti e non dei frequentanti.
Basta scorgere la tabella delle presenze per valutare che la frequenza media nelle scuole dell’infanzia è dell’80 %. E questo dato nessuno lo riporta.
Anche in questo caso ci sarà un’organizzazione scolastica da impostare, e sarà compito del dirigente del servizio prima infanzia in concerto con il personale delle scuole coinvolte a provvedere a questo. Anche in questo caso stiamo parlando delle scuole dell’infanzia con numeri molto bassi ed afferenti ai castelli più piccoli.
Le scuole medie come cambiano?
In attesa che si realizzi il ritorno alle ore da 60 minuti – elemento che garantirebbe un carico adeguato per le preparazione delle lezioni agli studenti e ritmi più adeguati da acquisizione di competenze. Gli insegnanti, in questo lasso di tempo, recupereranno il tempo non utilizzato per l’insegnamento svolgendo attività didattiche di potenziamento e di arricchimento dell’offerta formativa. Si potranno in questo modo realizzare corsi di recupero richiesti dal Consiglio d’Istituto.
Chi sostiene che questo decreto scagli una mannaia sulla scuola dice una sciocchezza, chi sostiene se sulla scuola si voglia risparmiare senza criterio, tagliando qua e là diffonde falsità.
Ai colleghi della Democrazia Cristiana – per meglio dire agli smemorati di Via delle Scalette – vorrei ricordare che le analisi e le applicazione della revisione della spesa nella scuola sono iniziati nei governi in cui la DC faceva la parte del leone. In quell’accordo comparivano i tagli per le diarie mensile degli insegnanti della primaria che svolgevano l’attività di coordinatori di plesso in occasione del periodo estivo. Di nuovo, in quell’accordo era previsto il taglio dello stipendio nella voce indennità di funzione docente per gli insegnanti che erano distaccati al centro di documentazione. Ancora, sempre in quel patto governo/sindacato erano allo studio nuove forme di organizzazioni della giornata scolastica e revisione dei curricola.
Cambiare idea è legittimo soprattutto quando si trasla da forza di governo a forza forcaiola di opposizione, ma ricordarsi quello che si è detto e scritto sarebbe opportuno. Altrimenti la scelta è tra la faziosità oppure il populismo. Sono comunque due vestiti che mal si adattano alla storia decennale del PDCS.
Chi non vuole rendersi conto che la mutata condizione demografica, debba portare ad una serie riflessione sull’organizzazione scolastica di alcuni plessi, millanta ragionamenti fine a se stessi.
Questo decreto vuole avviare un ragionamento di buonsenso sulla realtà scolastica sammarinese e mi auguro che tutti gli attori in campo, scendano dal palco delle loro convinzioni personale e si mettano a ragionare all’unisono su come strutturare la scuola del futuro, che deve essere e rimanere di qualità.