La legge elettorale attualmente in vigore, varata nel 2007, ha garantito che al termine di ogni tornata elettorale che da allora si è celebrata, la sera stessa del voto, i sammarinesi sapessero con chiarezza chi aveva vinto le elezioni.
I programmi di Governo e le coalizioni, da allora, sono stati dichiarati con la massima trasparenza ed onestà prima del voto.
Per tutti questi anni ci siamo quindi risparmiati i riti ingessati e i cerimoniali post-voto di quando, prima del 2007, il giorno dopo le elezioni, tutti avevano vinto (ma proprio tutti anche i partiti che raccoglievano una manciata di voti) ed iniziava il secondo tempo di una partita (per usare una similitudine calcistica) che non veniva però giocato sul terreno di gioco, sotto gli occhi degli spettatori, ma in gran segreto in qualche ombrosa stanza dello spogliatoio.
Nel secondo tempo i leader dei partiti in modo completamente autoreferenziale e tramite accordi secretati i cui aspetti dirimenti (solitamente non erano questioni di carattere ideale ma molto più concrete) decidevano come usare la delelga in bianco che avevano ottenuto con il voto popolare.
La nostra attuale legge elettorale non è perfetta (non esiste una legge elettorale perfetta); ha però il grande merito di avere posto fine al grande mercanteggiamento post-voto che avveniva sopra la testa dei cittadini che, in definitiva, non sapevano a che tipo di governo avrebbe contribuito il loro voto e questa non era democrazia, era il trionfo dell’abitrarietà e dello strapotere di pochi.
L’accoglimento del Referendum del 2 giugno prossimo ci riporterebbe, sostanzialmente, alla situazione antecedente al 2007.
Inutile entrare nei tecnicismi che servono solo a fare confusione e a non fare capire il nocciolo della questione.
Se il referendum venisse accolto avremmo senza ombra di dubbio un ritorno alla partitocrazia (intesa nella sua accezione più negativa ovvero lo strapotere di pochi dentro i partiti) cosa che l’attuale legge elettorale ha sicuramente arginato.
Avremmo inoltre un proliferare di piccoli schieramenti che di certo non favoriranno l’azione dei futuri governi.
Per questi motivi respingere il quesito votando NO è certamente un atto di responsabilità che guarda al futuro evitando alla Repubblica di ripercorrere strade che non si sono dimostrate valide.
In conclusione due considerazioni:
1) Non credo che il tema della legge elettorale – che è certamente un tema importantissimo – sia il tema centrale in questo particolare momento che stiamo vivendo.
Le emergenze, purtroppo, sono altre e abbiamo modo di sperimentarle tutti i giorni sulla nostra pelle, a volte – per alcuni concittadini – anche in modo drammatico. In questo momento ogni energia sottratta alla ricerca di soluzioni alle emergenze del Paese è energia male utilizzata.
2) Il tentativo, vecchio come il mondo, di usare un referendum (per altro su una legge nemmeno varata dal governo e dalla maggioranza attualmente in carica) come arma per provocare crisi politiche penso vada assolutamente rigettato.
I referendum – come succede tutte le volte che l’elettorato si muove per dire la sua su un argomento – hanno certamente un valore politico, ma questo non è un referendum sul Governo in carica, è un referendum sulla legge elettorale ovvero su come i sammarinesi potranno determinare le maggioranze consigliari e i governi futuri.
Lorenzo Lonfernini