Nella passata legislatura erano pervenute dall’opposizione di allora numerose critiche sulla prassi di emendare i decreti.
Si rilevava che in questa maniera si potevano creare confusione e incongruenze nella produzione legislativa.
Il nuovo Governo, composto da chi criticava queste pratiche, ha esordito intervenendo con un emendamento nel decreto delegato 25 giugno 2018 n. 71 che riguardava l’imposta patrimoniale.
Fra l’altro alcune di esse hanno in pancia notevoli volumi del cosiddetto credito di imposta che negli anni era stato riconosciuto proprio nell’ambito degli interventi per il sostegno del sistema e che le banche detraggono dal pagamento delle imposte sul reddito. Le banche avrebbero potuto utilizzare il credito di imposta per il pagamento della patrimoniale senza perdere liquidità e nel giro di qualche anno, con l’augurabile risanamento del sistema, sarebbero tornate a pagare le imposte allo Stato.
L’effetto dell’emendamento del Governo, a parte il regalo, è anche nel fatto che le banche continueranno a non pagare le imposte anche dopo l’eventuale normalizzazione del settore proprio per l’enorme accumulo di credito d’imposta che vantano. Oltre al danno anche la beffa.
Tesi curiosa, soprattutto se si sostiene – come ha fatto uno sconclusionato ed incomprensibile comunicato di un partito di maggioranza – che il valore di questi immobili crescerebbe in presenza di imposte patrimoniali in modo tale da non favorirne la vendita.