Il dibattito intorno alla giustizia ha ripreso vigore dopo qualche settimana di tregua dovuta al lockdown.
La maggioranza attraverso la voce di alcuni virgulti nati vecchi e di qualche Segretario di Stato che anziché pensare alla giustizia sarebbe meglio pensasse alla propria delega all’Istruzione ormai de facto esternalizzata in outsourcing – magari in attesa di avere la delega più consona allo Sport e alle varie e eventuali – ha costruito l’ennesimo castello di accuse su alcune considerazioni di natura accademica e scientifica.
Questa volta però è andata oltre.
In un ordine del giorno consiliare ha improvvisamente tirato in ballo anche funzionari e dirigenti pubblici, dimenticando che esiste già da tempo un codice di condotta della Pubblica Amministrazione. Dimenticando – o forse tralasciando – che alcuni esponenti di spicco dell’attuale maggioranza nella scorsa legislatura hanno condotto battaglie politiche nel proprio ruolo di dirigenti o funzionari pubblici mentre erano anche rappresentanti del corpo diplomatico.
Ma oggi si cambia registro.
Il governo che doveva ristabilire la libertà dopo tre anni di regime, mette bavagli e silenzia tutto.
Silenzio che si estende anche ai dati del coronavirus perché è vietato commentare o esprimere opinioni su quanto accade a San Marino rispetto all’emergenza sanitaria.
Ma quando si arriva al tema giustizia la cosa si fa più sofisticata.
E’ in atto da tempo una guerra asimmetrica sul Tribunale con l’obiettivo, nemmeno troppo nascosto, di sovvertire l’ordine nel sistema giudiziario.
Silenziare magistrati ritenuti scomodi, probabilmente rei di avere condotto indagini indigeste alla politica, e restituire rango e potere perduto a qualche gran visir dei Tavolucci.
Il tutto dimenticando come in una fase così delicata il buon funzionamento della giustizia, la celerità dei processi, la certezza del diritto, la separazione fra potere giudiziario e gli altri poteri dello Stato sia essenziale.
E’ abbastanza inverosimile lavorare per un piano rilevante di emissioni obbligazionarie sui mercati internazionali e contestualmente avere l’obiettivo di smantellare il Tribunale, rimodellarlo secondo principi discutibili ma molto cari a qualche avvocato di maggioranza, a qualche ex sottosegretario di Stato alla giustizia, a qualche miracolato del conto Mazzini.
Se si vuole avere credibilità, anche esterna, serve una giustizia autorevole e non un ramoscello che si piega ai desideri della politica.
Repubblica Futura chiede equilibrio su un tema del genere e richiama l’opinione pubblica al concreto rischio che in tutto questo ci sia l’obiettivo di insabbiare l’avvio di processi scomodi per governo e maggioranza e di deviare processi già avviati in cui una certa politica è uscita con le ossa rotte. E di affermare il concetto revisionista secondo cui andava tutto bene prima, all’epoca dei grandi affari all’ombra dei governi, degli uomini forti al comando, di una Repubblica messa al bando dagli altri paesi.