Ogni mattina i vertici di Rete si svegliano, e pensano: “Quale storiella posso inventarmi oggi per attaccare Repubblica Futura? Quale frase del repertorio che recito da tre anni andiamo a pescare?”.
E’ davvero sempre più imbarazzante vedere che il problema di Rete – anziché cercare di risolvere un’emergenza Covid che sta sfuggendo di mano e una crisi economica sempre più pesante – è attaccare ogni giorno Repubblica Futura.
Non è dato sapere se il suo tribunale interno abbia svolto qualche riflessione su quanto davvero c’è scritto nella relazione della Commissione d’Inchiesta o se si sia limitato a ordinare di ripetere le solite cinque frasi come un mantra.
Di certo qualcuno schiuma di rabbia perché quanto trovato su RF dalla Commissione è poco più di niente.
Se dobbiamo scusarci di una cosa è di avere lavorato nel 2016 per vincere le elezioni al ballottaggio.
Sarebbe stato logico, con il senno di poi, lasciare il governo del Paese:
- a chi ha nominato Grais e Savorelli (e portato quindi Confuorti a San Marino),
- a chi ha ottenuto sponsorizzazioni da Banca CIS,
- a chi ha chiesto di assumere persone in banca,
- a chi ha regalato un credito d’imposta al CIS che ancora grida vendetta,
- a chi ha fatto accordi con lo stesso Grandoni qualche anno fa.
Insomma, agli attuali alleati di Rete.
Nella astiosa posizione di Rete mancano alcuni dettagli.
Gli esponenti di RF convocati dalla Commissione hanno spiegato, con il supporto di documenti, perché si prediligesse esplorare la strada della vendita sulla base delle informazioni disponibili in quel momento.
Va ricordato, infatti, che a soli cinque giorni dal “niet” di Banca Centrale alla vendita, il CCR aveva ricevuto dalla stessa BCSM un documento che diceva che l’ipotesi della vendita era possibile e nessuno di BCSM, ripetiamo nessuno, aveva dato alcuna informazione squalificante sugli acquirenti.
Poi, nessuno (nessuno di noi, perlomeno) ha più avuto alcuna informazione da BCSM sui motivi per cui la vendita veniva bloccata.
Il nostro intento era evitare che ancora una volta il dissesto di una banca fosse messo a carico dei cittadini e tentare di dare una prospettiva occupazionale ai dipendenti; elementi a forte rischio con la procedura di risoluzione bancaria.
Un intento di cui non solo non ci vergogniamo, ma che tenteremmo di percorrere nuovamente.
Il presente di BNS dimostra che RF aveva ragione.
- Nessuna prospettiva per i dipendenti,
- lo Stato deve ancora acquisire il controllo delle azioni di BNS,
- il governo guidato da Rete brancola nel buio (spargendo fiele e false notizie),
- BCSM ha registrato 19 milioni di perdita patrimoniale che non ha neppure messo a bilancio
- e infine almeno 100 milioni di buco di CIS sono stati messi a carico della collettività.
Non stava alla politica ma all’autorità di vigilanza gestire e autorizzare la vendita della banca.
Alla data in cui l’ipotesi di vendita fu scartata, come detto, le notizie ufficiali provenienti da BCSM erano ben diverse da quelle arrivate mesi dopo (ed oggi strombazzate da Rete).
Non sappiamo se Rete abbia una sfera in cui prevede il futuro oppure se annusa le persone e capisce in anticipo cosa faranno.
RF e i suoi esponenti si attengono semplicemente alle leggi e alle prassi utilizzate durante le crisi bancarie.
Dovrebbe chiedere scusa chi per mesi si è fatto scudo della procedura di risoluzione bancaria per giustificare un’alleanza di governo, chi ha raccontato frottole alle persone, chi, nella disperata ricerca del consenso, non pensa alle ricadute di certe scelte sui cittadini, chi ha preso soldi o ha tentato di farlo (gli alleati di Rete).
C’è di più.
Marco Podeschi, che insieme alla allora collega Eva Guidi partecipò al primo incontro con i soggetti che volevano presentare un’offerta di acquisto per Banca CIS, nonostante due richieste presentate alla Commissione, non è mai stato ascoltato.
Un fatto infine è certo, e documentato nelle posizioni ufficiali prese sia da Renzi, sia da Podeschi, sia da Zafferani in Congresso di Stato e in ogni altra sede: la vendita della banca sarebbe dovuta avvenire senza alcun pregiudizio per le azioni di responsabilità verso chi ha male amministrato Banca CIS.
Gli esponenti di RF hanno anche, per iscritto e in documenti ufficiali (resi noti alla Commissione d’Inchiesta), illustrato come ciò sarebbe potuto avvenire, semplicemente scrivendo diversamente la legge sulle risoluzioni bancarie. Non siamo stati ascoltati e ci dispiace.
Ma nessuno, lo ribadiamo, ha mai pensato neanche solo per un secondo che la vendita sarebbe dovuta servire ad evitare le azioni di responsabilità. Rete si tenga queste sciocchezze per sé.
La riflessione finale che RF fa è se questo scempio – soldi persi, persone rovinate, dipendenti che hanno sperato di salvare il posto di lavoro (CIS e ECB) e oggi rischiano di restare a casa – si poteva evitare; dove terminano le responsabilità politiche e iniziano quelle degli organi che dovevano vigilare; se le regole del sistema, che tutti vogliamo serio e credibile, funzionano.
Se quanto avvenuto servirà da monito, sarà positivo per il sistema paese e per la classe politica.
Se invece sarà il solito specchietto per le allodole per aggiustare i processi scomodi, azzoppare gli avversari, rinsaldare l’alleanza DC-RETE-NPR, avremo l’ennesima occasione perduta.