La vicenda del festino del 1° Aprile in via Gino Giacomini si riempie ogni giorno di contorni più gravi ed inquietanti.
Risulta piuttosto evidente che, negli ambienti governativi ed in particolare in quelli di Rete, si stia cercando di far calare la cortina fumogena sulla presenza del Segretario Ciavatta al “festino” scaricando le responsabilità sui malcapitati consiglieri Spagni Reffi e Arcangeloni, gli unici politici che, al momento, hanno ammesso la loro presenza ai brindisi: a tal proposito, ci limitiamo a sottolineare che se si decide di rimettere il proprio mandato consiliare, questo mandato andrebbe rimesso al Consiglio Grande e Generale e non al Movimento Rete, ma ci rendiamo conto che anche le regole istituzionali sono in discussione in questo periodo storico.
Evidentemente sperano che tutto possa finire con il sacrificio di due Consiglieri. Non sarà così, non potrà essere così.
La presenza di un Segretario di Stato – in particolare di quello alla Sanità – ad una festa più o meno organizzata che ha verosimilmente portato alla palese violazione di diverse delle norme anti-Covid da lui stesso proposte, assume una gravità estrema. Ed il fatto che il Segretario fosse presente è confermata non solo dalle svariate persone che si sono ritrovate in via Gino Giacomini in quella giornata, ma persino da stretti congiunti dello stesso Segretario sui social network.
È totalmente irrilevante per quanti minuti il Segretario sia stato presente (10 minuti, come dice la congiunta; oltre 1 ora, come dicono altri testimoni oculari della festa) e cosa abbia fatto all’interno del festino: dati gli appelli pubblici fatti non più tardi del 31 Marzo in Tv, dati i Decreti da lui stesso emanati, le limitazioni imposte ai Cittadini, i blocchi creati alle attività economiche, alla Scuola e ai bambini, il Segretario avrebbe dovuto chiedere l’immediata fine della festa e, nel caso, chiamare la Gendarmeria per constatare le eventuali violazioni. Non avendolo fatto, ma anzi essendosi fermato a brindare, è gravemente venuto meno ai suoi doveri nei confronti della legge e dei cittadini.
In altri Paesi, in Paesi normali, sono arrivate prontamente le dimissioni di Ministri e autorità, nei casi in cui le stesse si siano ritrovate a violare palesemente i decreti anti-pandemia.
Abbiamo visto, in questi mesi, l’utilizzo del proprio ruolo politico per far cadere accuse che avrebbero portato a processi complicati (come fatto con la nomina del nuovo Cda di Carisp che, come primo atto, ha ritirato le querele contro Ciavatta); la minimizzazione di esiti imbarazzanti di Commissioni di Inchiesta (che hanno fatto emergere responsabilità palesi a carico di consiglieri di maggioranza aventi ruoli istituzionali rilevanti); l’elargizione di soldi pubblici a vertici dell’Iss che certamente non li meritavano (quando invece sarebbero stati doverosamente da erogare al personale sanitario tutti i giorni sul campo); il ribaltamento di ogni logica democratica nella gestione delle Commissioni collegiali, anche in settori delicati come quello della giustizia; il conflitto di interessi ridotto a una mera quisquilia, con voti e interventi su questioni su cui si era direttamente interessati; leggi che sono diventate ribaltabili a uso e consumo della maggioranza attraverso “interpretazioni autentiche”.
Ne abbiamo viste di tutti i colori ma in questo periodo pandemico così delicato, con Cittadini e attività economiche così stremate dalle limitazioni – tra l’altro in assenza di ristori anche solo lontanamente sufficienti ad affrontare la crisi creatasi – non possiamo veramente accettare che il Segretario alla Sanità si senta superiore alle leggi di contrasto alla pandemia a cui tutti devono sottostare.
Gli alleati del Segretario alla Sanità avranno il coraggio di riportare un minimo di logica e di correttezza nel contesto istituzionale?