Emmanuel Gasperoni in Comma Comunicazioni – CGG del 16.05.17

Emmanuel Gasperoni in Comma Comunicazioni – CGG del 16.05.17

Emmanuel Gasperoni

Intervengo più o meno a metà della discussione, dopo aver ascoltato attentamente coloro i quali mi hanno preceduto. Devo dire che diversi sono stati i tagli interessanti di alcuni interventi. Devo dire anche che, come accade spesso nell’aula a qualcuno, a più di qualcuno, è facile cadere nella tentazione di sentirsi o mostrarsi capitani d’azienda, economisti, banchieri, ministri delle Finanze, oppure informatici, hacker e così via.

Così però finiscono per filtrare nel microfono e diffondere capillarmente a tutti i concittadini, più o meno discorsi molto simili, talora ripetitivi, talora monocorde. Con sempre le stesse accuse, gli stessi complottismi le stesse dietrologie, e seppur ben più rare, singolari o astruse soluzioni.
Quindi ho l’intento di dare un taglio diverso al mio intervento, privo di tecnicismi, privo dei consigli più disparati, privo di urla e schiamazzi.

È sarà un taglio basso, radente al suolo, umano ma soprattutto ovvio. Voglio tornare all’ovvio perché abbiamo distrutto l’ovvio. Nella comunità politica e nella comunità in generale. Il clima sociale, che ha cominciato a montare negli ultimi mesi (in pratica da quando ha iniziato a governare adesso.sm) continua a fermentare come un lievito. E fermenta in maniera precisa, puntuale, direi organizzata. Verrebbe da pensare a una regia proprio esperta. Che poi viene anche difficile non pensare un po’ male. Quindi torniamo all’ovvio, al quotidiano e cerchiamo di ritrovare la misura che è stata un po’ persa. Ne hanno diritto i nostri concittadini, ne abbiamo il dovere noi.

La parola “economia” significava (l’imperfetto purtroppo è d’obbligo)  “amministrazione della casa”.  Ma Il clima di questi ultimi mesi e anche in questo consiglio, non è di casa, per comuni interessi. Qui è ormai in corso un conflitto permanente: ci sono scontri, colpi bassi.

Di norma, quando si fanno i conti in una famiglia, o anche in una azienda, quando si vuol fare una verifica sulla situazione economica, si apre il cassetto e si contano i soldi. Tutti solidali. Con spirito collaborativo, corresponsabile. Anche perché stiamo parlando di come porre rimedio al bilancio malandato della famiglia. Qui però, da parte di qualcuno c’è più un clima politico da autodistruzione.

Metto sul tavolo alcune osservazioni, uno spunto di riflessione per chi ci ascolta: a San Marino, mi appare – e mi piacerebbe tanto sbagliarmi – un quadro politico del genere:

Qualcuno, una parte degli amministratori dell’azienda, non vuole che si facciano i conti, non vuole che si apra quel cassetto. Proprio quelli che hanno avuto il governo del cassetto. Perché? Hanno paura che sia rimasto poco? Hanno paura che si trovi una qualche traccia di cattiva amministrazione? Qualche imbroglio? Non è che il 4 dicembre abbiamo trovato una mappa del tesoro ed ora stiamo cercando di decifrarla per capire dove è sepolto il forziere coi dobloni d’oro e qualcuno magari non è tanto contento?
Non solo.

Qualcuno non riconosce l’autorità ai nuovi amministratori del cassetto. Dopo 5 mesi dalle elezioni, il nuovo governo aspetta ancora la telefonata dei perdenti, che si congratulano con i vincitori e augurano buon lavoro. Magari dicendo legittimamente: vi faremo un’opposizione grintosa e leale! Come succede in ogni paese democratico. La nuova maggioranza non è stata ancora legittimata, riconoscendole di fatto il potere e il dovere costituzionale di governare.

Già prima di capire bene la situazione economico-finanziaria, si urla Al lupo! I nuovi amministratori, – secondo i vecchi -da una parte non hanno fatto ancora niente per il Paese, ma dall’altra (velocissimi!) hanno già costruito un bel progetto per rubare quel po’ che è rimasto nel cassetto.
Tramano con i nemici storici della famiglia/azienda, scegliendo i peggiori ceffi disponibili sulla piazza, con lo scopo (dicono loro) di sfasciare il sistema. Per distruggere la Repubblica. Per violentarne la sovranità. Per regalarne la libertà.

Ma davvero siamo arrivati a questo? davvero questo è il bene tanto decantato per i cittadini e per il paese?

Davvero noi di adesso.sm vogliamo distruggere il nostro sistema bancario-finanziario dove tutti noi, noi stessi, i nostri familiari e i nostri amici di infanzia teniamo i loro risparmi di una vita? Ma le accuse continuano…
Davvero noi di adesso.sm vogliamo riempire di antenne pericolosissime portatrici di sciagurate patologie davanti alla faccia dei nostri amici parenti? O dei nostri figli? Davvero si vuole far credere ciò ai cittadini sammarinesi? Non si è forse alzata un po’ troppo e in maniera scorretta l’asticella del confronto?

E c’è un aspetto che preoccupa ancora di più. Il problema  non è  tanto il tentativo di delegittimare noi- che sappiamo e sapremo difenderci- ma di alimentare in modo pericoloso, la sfiducia dei cittadini verso tutta la classe politica, verso la politica. In momenti di gravi difficoltà, la fiducia, la partecipazione dei cittadini è il cemento della comunità.

Ragioniamo su tutto questo e ragioniamoci bene.
E se sono rimasti (a tutti i sammarinesi) una coscienza comune, uno spirito di Stato, un interesse di collettività, una radice di appartenenza, un anche minimo barlume del mos maiorum ereditato dagli antenati, per favore, è il momento di usarli.

Mi viene anche un dubbio: quelli che fanno comunicati permanenti, che postano giudizi negativi e rabbiosi sui social verso chiunque, (consulenti, membri di staff, direttori, presidenti) sono davvero così super-esperti? 
Persone spesso molto vicine a partiti politici o movimenti, spesso addirittura membri di quegli stessi partiti o movimenti che scrivono su Facebook: scendiamo sul Pianello con le forche, oppure simpatizzanti che digitano: ci vorrebbe un po’ di piombo. 

Siamo in una babele mediatica in cui ognuno può esprimere il proprio punto di vista senza la preoccupazione che corrisponda alla verità: smartphone e social sono ormai protesi emotive con cui sfogarsi. Ci si sente un po’ come nell’intimità dei bagni dell’autogrill, in cui puoi scrivere tutto.
Di questo hanno bisogno i cittadini?

In ogni paese democratico questo non succede. E non è mai successo nemmeno nella nostra Repubblica. In ogni democrazia si attende la fine della legislatura (o quantomeno qualche anno di governo) per esprimere, non un giudizio politico più che legittimo, ma una sentenza definitiva, se possibile, oltre al terzo grado. Una sentenza di incapacità, di inesperienza e persino di disonestà.

Uso apposta il termine sentenza perché nessun governo nei primi mesi, è stato oggetto di tanti esposti, segnalazioni e denunce presso il Tribunale, come quello di Adesso.sm. Forse dovremmo interrogarci sulla qualità “dell’amministrazione della casa” e della comunità democratica.

A costo di sembrare moralista, credo sia indispensabile ritrovare i “fondamentali” della democrazia, prima che essa degeneri o deragli.

Senza voler fare archeologia politica, basta ricordare Rousseau e il suo contratto sociale: un patto che garantisca la costituzione di uno Stato democratico e assicuri la tutela della libertà individuale di ciascuno. Quel patto sociale che – non vorrei essere catastrofista – stiamo spezzando. Un patto democratico basato sul senso di appartenenza, sul senso dello Stato: l’obiettivo non è l’interesse di bottega, ma il bene dello Stato, bene di tutti che in questo momento di scontri è messo in pericolo.

Un minimo di fiducia sociale, da scambiarci, che vuol dire anche riconoscimento della legittimità dell’altro. Trasparenza, che viene violata anche dalle accuse di poca trasparenza. Il libero, civile e rispettoso confronto e contrasto di idee, soluzioni, progetti.

Qualcuno scriveva: “non puoi fare una buona economia con una cattiva etica”. L’impegno, in quella piccola frazione di un sessantesimo sammarinese che ciascuno di noi rappresenta qui dentro, DEVE e DOVRÀ sempre essere per una buona etica.

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