Fabrizio Perotto su dialogo e confronto – CGG del 28 maggio

Fabrizio Perotto su dialogo e confronto – CGG del 28 maggio

Fabrizio Perotto

Il dialogo nasce da un atteggiamento di rispetto verso un’altra persona, dalla convinzione che l’altro abbia qualcosa di buono da dire; presuppone fare spazio, nel nostro cuore, al suo punto di vista, alla sua opinione e alle sue proposte. 

Il dialogo è accoglienza cordiale e non condanna preventiva.

 

Vorrei partire da queste frasi del Capo di uno degli Stati più vicini a noi, soprattutto territorialmente e culturalmente: Città del Vaticano. Il Vescovo di Roma, Francesco Bergoglio ha evidenziato quello che le massime cariche istituzionale del nostro paese, gli Eccellentissimi Capitani Reggenti, hanno dichiarato nel loro discorso di insediamento: il dialogo.

Un dialogo tra gli attori sociali, economici e politici del nostro Paese. Un dialogo tra la classe politica, sempre intenta ad aumentare consenso più che comprendere le reali esigenze del nostro paese.

Un dialogo tra i cittadini, che spesso cercano la salvaguardia personale piuttosto che ambire a quella di interessi generali.

Purtroppo la degenerazione economica che il nostro paese ha subito a cavallo dei due secoli – che si sono appena avvicendati – ha portato anche ad uno svilimento dei rapporti all’interno della nostra società stessa.

Quella sammarinese è sempre stata una società, in cui il mutuo soccorso, il rispetto ed uno scambio di vedute è stato ben accetto: purtroppo negli ultimi anni, anche a causa della cocente crisi economica generale e particolare, ha acuito le conflittualità e non ha permesso questo.

Posizioni di potere, salvaguardia dello status quo, l’incentivazione dello sport più praticato ossia il “benealtrismo” devono lasciare il posto ad una condizione generale di maggiore condivisione, rispetto e volontà reciproca di valutare le posizione altrui come avversarie ma non nemiche.

Le parole delle Loro Eccellenze sono da prendere a monito della nostra condotta sociale; per noi politici, di ottemperare maggiormente ai nostri incarichi, senza tuttavia dimenticare le posizioni migliorative in senso di dialogo e rispetto reciproco, per la società, di essere un corpo unico per risollevare nella maniera più adeguata il nostro Paese.

Prima di promuovere il dialogo, occorre riconoscere il rispetto reciproco; per quanto riguarda la nostra componente politica non siamo mai venuti meno a questo compito. Nel mio percorso politico non ho mai evidenziato  posizioni degli avversari come dei nemici personali ne tanto meno del Paese. Stesso discorso dovrebbe valere per i nostri avversari politici, cosa che in questo squarcio di legislatura non è mai avvenuto.

Vogliamo continuare a recitare il nostro ruolo di attori come nelle commedie di Carlo Goldoni oppure vogliamo ad essere piuttosto che apparire? Vogliamo metterci una maschera ed interpretare il ruolo di commedianti oppure vogliamo divenire attori sociali dell’essere?

Vogliamo continuare a recitare il ruolo di essere dalla parte giusta del palcoscenico oppure vogliamo cambiare registro? Io sono pronto a fare la mia parte, ad assumermi la mia quota parte di responsabilità ma voi?

Dobbiamo ancora sottolineare tutte le critiche politiche pesanti ed accuse personali al limite della calunniaVogliamo ancora rimarcare tutte le posizioni pubbliche che parte di questo Parlamento ha tenuto denunciando anche un Colpo di Stato farlocco in salsa sammarinese oppure vogliamo cambiare registro?

Sono stati utili a questo Paese tutti i ricorsi al Collegio dei Garanti – dieci in totale – per impedire che la maggioranza ed il suo governo di poter svolgere il proprio compito?

Il Collegio ha emesso sentenze durissime nei confronti dei membri delle opposizioni, dicendo che la politica non deve ricorrere ad organismi terzi per dirimere questioni politiche. Ha dato lustro al nostro Paese l’ultimo sindacato alla Reggenza?

A che pro sono stati messi alla berlina gli ex capitani reggenti Fiorini e Carattoni? Per una salvaguardia dell’istituzione stessa oppure per una rivendicazione politica di basso profilo?

Ho notato con grande dispiacere che il sindacato è stato firmato proprio da coloro che hanno vissuto la politica istituzionale di questo paese ai massimi livelli, ricoprendo incarichi imponenti e che, decisioni difficili hanno dovuto prendere, anche in condizioni politiche difficili.

Sono state forse prove di dialogo le falsità emerse nell’ultimo Consiglio in Comma Comunicazione, quando il Segretario della Dc ha dichiarato che a membri di Governo erano giunti avvisi di garanzia? 

Nonostante questi scurrili comportamenti, sono il primo a dire che si debba dialogare. Dialogare con avversari politici, ma non con nemici di noi stessi e men che meno del Paese. Io credo che la storia sia maestra di vita, che dalla storia occorra imparare, che dalla storia non si possa prescindere.

Occorre essere ambasciatori di speranza e di dialogo, voglio essere ambasciatore di dialogo.

La storia ci insegna che prima di una grande guerra ed anche successiva ad essa, la diplomazia ha svolto un ruolo importante: il conflitto bellico non porta mai nulla di positivo anche quanto questa si vince, figuriamoci quando si perde. Lascia sul terreno, feriti e morti, soprattutto a livello personale.

Sono favorevole ad un nuovo rapporto, nel rispetto dei ruoli: chi da posizioni di governo, chi da posizioni di maggioranza ed opposizione. Il dialogo si può costruire: in alcuni stati africani c’è una convivenza ottima e rispettosa tra culture endogene e religiose differenti. 

L’Etiopia in questo senso è un esempio di intercultura: nel paese abissino convivono pacificamente mussulmani e cristiani copti.Ognuno vive la propria cultura nel rispetto della diversità altrui; nelle famiglie si sceglie liberamente la religione da seguire, il modo di vivere da intraprendere senza nessuna imposizione patriarcale. 

Stiamo parlando di uno stato confinante con il quadrilatero di fuoco dell’Africa orientale. L’Etiopia confine con Egitto, Sudan, Kenia e Somalia. Ma il dialogo c’è perché è stato conquistato dopo decenni di approcci falliti. Il dialogo però per volerlo occorre essere in due: uno che parla e l’altro che ascolta e viceversa. 

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