La difficile situazione di CARISP, come ormai hanno capito in molti ad eccezione degli esperti bancari di Rete, è da ricondurre soprattutto alla disastrosa vicenda di DELTA. Da qui e da altre situazioni legate alla erogazione di crediti, i ripetuti interventi dello Stato per sostenere CARISP, come l’operazione chiarezza sul bilancio della banca e l’acquisizione della sua proprietà. Tutto questo anche per evitare ai correntisti di pagare per gli errori di altri e per evitare il crollo del sistema bancario sammarinese.
Confuorti, con tutto questo, centra ben poco. Bastava leggere ciò che scriveva da anni il FMI. L’esperto del Fondo monetario, John Quill, nell’aprile del 2016 – perciò diversi mesi prima dell’avvento in CARISP dei “Montepaschiani- Confuortiani” – descrisse nel dettaglio la situazione di Cassa di Risparmio dopo aver svolto una missione tecnica (dal 4 al 15 aprile 2016) su incarico del governo in carica in quel frangente (Segretario di Stato alle Finanze era Giancarlo Capicchioni). Del resto stupisce che Rete si preoccupi ancora, a sproposito, di Confuorti dopo avere gettato la nostra Repubblica nelle braccia della CARGILL, una multinazionale con sede nel paradiso fiscale americano del Delaware. Tutto rigorosamente in segreto e di nascosto dai sammarinesi.
In questi giorni l’AD di CARISP, fedelissimo di Rete, ci dice che i problemi di CARSIP sono stati magicamente risolti. Molto bene. Come ha fatto? Con il vecchio gioco delle tre carte: fare girare velocemente le stesse carte per confondere chi guarda. Cosa è cambiato allora?
Nell’altra legislatura si è portato alla luce l’effettivo debito di CARISP, mantenendolo a carico della banca stessa ma con la possibilità di ripartirlo su molti anni (articolo 5 ter della legge di bilancio). La CARISP, di proprietà dello Stato, aveva così il tempo di mettere in campo soluzioni strutturali per gli NPL (crediti difficilmente riscuotibili) che ancora ha in pancia, effettuare accorpamenti con altre banche, usufruire di nuove possibilità con l’accesso al mercato europeo tramite un accordo di associazione e un memorandum d’intesa con Banca d’Italia, avere l’opportunità di trovare nuovi soci.
Adesso lo Stato si è addossato direttamente l’effettivo debito di CARISP, che nessuno contesta, con l’emissione dei titoli del debito pubblico cosiddetti irredimibili (che non vanno rimborsati), ma sui quali lo stato pagherà interessi a CARISP per circa dieci milioni di euro ogni anno. Non vi sono nuovi soldi destinati a CARISP, che servirebbero molto, ma semplicemente una operazione contabile per alleggerire il bilancio della banca, con l’aggravante di avere appioppato il debito di CARISP direttamente allo Stato. Sulle cose che veramente contano, come una soluzione per gli NPL, accordi per l’apertura verso l’esterno, interventi su organizzazione e costi amministrativi, accorpamenti strategici per diminuire le perdite, un nuovo piano industriale, ed altro ancora, al momento non si è visto nulla.
RF non intende speculare su questo tema, c’è in gioco il futuro della più antica banca del Paese.
Ci limitiamo solo a esortare i discepoli della decrescita felice, ora fans del capitalismo finanziario dei paradisi fiscali, ad usare cautela con cifre e nomi, non usando una banca di tutti per fini eminentemente politici e di propaganda.