A parte il solito risibile ritornello che Ap ha dominato, con una piccola rappresentanza in Consiglio e nel Congresso di Stato, tutti i governi di cui ha fatto parte, Rete – nell’ultimo confusionario comunicato – ricorre ad un campionario di stupidaggini piuttosto ampio insieme a qualche grave affermazione.
Ricordare la reggenza di Gabriele Gatti non è molto conveniente per Rete.
Primo, perché Gatti era democristiano ed era stato indicato dalla Dc, che sarà il futuro alleato del governo dei desideri retini; secondo, perché Rete – qualche anno fa – presentò un ordine del giorno consiliare in cui proponeva di proclamare festa nazionale il giorno dell’arresto di Gatti, mentre ora fa finta di nulla quando Gatti rivela di essere il deus ex machina di MotusLiberi, il gruppo politico che è in coalizione con Rete.
I voti, come i quattrini, non puzzano!
Scrivere poi di derive autoritarie, di vendicatività, di occupazione di ogni angolo della cosa pubblica attribuendole ad Ap (o Rf) senza uno straccio di esempio o di prova a supporto, non è nulla di nuovo rispetto a ciò che rappresenta Rete: un partito di calunniatori che, al riparo della immunità consiliare, si permettono ogni tipo di infamia di cui la violenza verbale e il linguaggio da trivio di Roberto Ciavatta contro Matteo Fiorini in una sede istituzionale, è solo uno dei tanti esempi che potrebbero essere citati.
Non poteva nemmeno mancare, nell’ultimo comunicato dei calunniatori, la solita minaccia, questa volta diretta al magistrato Caprioli, giudice del processo Mazzini, che sarà sottoposto – come scrivono – a provvedimenti dal nuovo governo diretto da Rete; e la solita accusa nei confronti della magistratura quando viene apostrofata di non aver fatto nulla verso i corruttori (nome e cognome mai?) che si troverebbero ancora a piede libero perché “la giustizia ha finora garantito impunità”.
Tutto ciò, unito alla dichiarazione di un loro consigliere secondo cui il processo Mazzini sarebbe un processo politico e al fatto di non volere la presa d’atto del Consiglio per la nomina dei giudici di appello, rendono spiegabile in modo chiarissimo perché siamo alle porte di una “restaurazione”.
Che significa ritornare al periodo antecedente al 2006, agli anni dei lotti di Valdragone, dei viaggi degli elettori esteri pagati dai partiti, della convenzione della porcilaia, della evasione La Pietra, della vicenda ATEL, della vicenda SEA, delle licenze bancarie e finanziarie distribuite a suon di tangenti, della vicenda Centro Uffici, della vicenda “Cristo nell’arte russa”, dellagestione “privata” dei giochi della sorte, ecc.
Una catena di scandali politico-affaristici mai vista che la Dc, futuro alleato di Rete, ricorda molto bene!
Ai calunniatori non piace che nessun esponente del nostro movimento, dal 1993 ai nostri giorni, sia mai stato indagato, inquisito, rinviato a giudizio, condannato dal Tribunale.
Essi possono dire altrettanto? Proprio no!
Roberto Ciavatta, candidato di Rete e futuro leader del governo con la Dc, già condannato dal Tribunale, è rinviato a giudizio in un altro procedimento penale insieme a Emanuele Santi, anche lui candidato di Rete. Eppure, con questi fardelli sul groppone, siedono in Consiglio, in Commissione Affari di Giustizia, si ricandidano alle elezioni e aspirano a occupare posti nel governo. Per sistemare le loro questioni penali? Per cacciare il giudice che li ha rinviati a giudizio? Per condizionare chi dovrà processarli?
E con questi fardelli sul groppone, quali accuse lanciano agli altri? Quelle di arroganza, di saccenteria, di autoritarismo (sono reati penali?) ma soprattutto quella per cui Nicola Renzi è stato il maggiordomo nella reggenza Gatti-Fiorini (per altro nominato da Fiorini).
Complimenti a Rete, il partito degli uomini immacolati!