Nella sua prima raccomandazione generale sulla “dimensione digitale” della violenza contro le donne, il Gruppo di esperti del Consiglio d’Europa sulla lotta alla violenza contro le donne e la violenza domestica (GREVIO), definisce e delinea il problema della violenza di genere online, specificando che questa comprenda, fra gli altri, il body shaming. Anche l’Associazione Nazionale dei Comuni Italiani e la regione Emilia Romagna, in un loro documento, pongono il body shaming alla base della cosiddetta “Piramide della violenza” assieme a battute sessiste, stereotipi di genere, ecc, fenomeni che costituiscono la forma nascosta e invisibile di violenza che sostiene quella visibile, fatta di insulti e violenze fisiche e che culmina col femminicidio.
Il body shaming, dunque, non è solo un atto di ignobile bullismo ma purtroppo, molto spesso, assume i contorni della violenza di genere giacché le vittime, soprattutto on line, sono frequentemente donne. È un’azione che promuove le disuguaglianze e contribuisce alla diffusione della cultura sessista. Ad essere bersagliate sono spesso donne multi-titolate, personaggi pubblici con grandi capacità ed esperienza (è successo a Samantha Cristoforetti, Angela Merkel, Rosy Bindi solo per citarne alcune) che bene hanno fatto ad ignorare i piccoli bulli, grazie a consapevolezza e sicurezza di sé. Tuttavia, non possiamo astenerci dallo stigmatizzare tale violenza perché non tutte le donne possiedono la stessa sicurezza: è noto quanto male possano fare messaggi tanto vili, quante ragazze, a seguito di pubbliche umiliazioni, abbiano perso l’autostima e la felicità, quanti disturbi alimentari possano generare da simili insulti ricevuti in rete, quali e quanti drammi si siano verificati e si verificheranno.
Per loro, e non per il caso specifico, noi donne di Repubblica Futura prendiamo posizione, unendoci a quanto già fatto da UDS, sull’evento della candidata dileggiata e sollecitiamo un intervento ufficiale da parte degli organismi competenti, perché simili barbarie non abbiano a ripetersi. La parodia di un personaggio pubblico non può superare il limite dell’irrisione fisica. L’uso di tali mezzi di mortificazione in una società civile non è accettabile.