Il risultato elettorale del ballottaggio del 4 dicembre scorso, che ha visto la vittoria schiacciante della coalizione ADESSO.SM, ha ovviamente determinato una nutrita serie di riflessioni. Fra queste anche le discussioni sulla legge elettorale.
Le leggi elettorali non sono immutabili. Il loro scopo dovrebbe essere quello di coniugare in maniera equilibrata due esigenze a volte configgenti: quella di assicurare la rappresentanza della volontà popolare e quella di assicurare un governo stabile ad uno Stato democratico. Nell’ambito di questa dinamica le scelte di mediazione possono essere diverse. Importante sarebbe fare scelte ponderate, non frutto dell’improvvisazione ma di attenta valutazione.
L’attuale legge elettorale è stata varata nel 2007 ed applicata per la prima volta nelle elezioni del 2008. Quali erano i problemi di allora e quali ragionamenti hanno portato al suo varo?
Fino al 2006 vi sono stati 11 governi in 10 anni, con uno che è durato addirittura 10 ore. Eppure le legislature duravano fino alla fine. I governi cambiavano vorticosamente ma i cittadini non votavano mai.
Nelle poche occasioni in cui si votava i cittadini fornivano una delega in bianco ai partiti. Non sapevano quale governo sarebbe stato insediato, non sapevano quale sarebbe stato il programma di governo.
Gli elettori votavano una delega in bianco, poi i partiti si riunivano fra mille mediazioni e trattative e poi si varava governo e relativo programma. Se poi, come accadeva sovente, i partiti litigavano fra loro magari per motivi non proprio nobili (come riporta spesso anche l’attuale cronaca giudiziaria), allora si apriva la crisi di governo. Ci si vedeva al tavolo di qualche ristorante e si varavano nuovi governi.
La volontà dei cittadini? Persa nella nebbia.
Quali sono state, dunque, le scelte compiute nel 2007 per riformare la legge elettorale?
Il mantenimento del sistema proporzionale per rappresentare analiticamente al volontà degli elettori, ma con l’introduzione di un premio di maggioranza rettificativo per permettere di governare con almeno 35 consiglieri su 60. Il premio di maggioranza è minimo se una coalizione raggiunge almeno il 50% più 1 alla prima votazione (cioè almeno 31 consiglieri).
Se nessuna coalizione raggiunge questo risultato, perché non sono stati in grado di aggregarsi prima e concordare un comune programma di governo allora si va al ballottaggio e sono i cittadini scegliere a chi attribuire il premio di maggioranza (più consistente) necessario per governare. Il premio di maggioranza non è nascosto, come nei sistemi maggioritari, ma affidato alla scelta dei cittadini.
Le liste devono presentare agli elettori il programma di governo, che rimane vincolante, e la lista vincente diventa automaticamente maggioranza di governo. Governo e programma sono, quindi, scelti direttamente dagli elettori e non affidati alla discrezione dei partiti.
C’è una soglia di sbarramento minima per non incentivare la proliferazione di mini partiti in Consiglio Grande e Generale ma favorire l’aggregazione. Il dispositivo “antiribaltone” sancisce la centralità dei cittadini: se viene a meno la maggioranza di governo si torna al giudizio dei cittadini con nuove elezioni.
Un governo, soprattutto in tempi difficili, deve avere stabilità per potere lavorare (se è capace di farlo). Con questa legge elettorale le ultime due legislature, piene di molti problemi difficili, hanno visto i governi durare più di quattro anni ciascuno.
Veniamo alle elezioni ultime.
Lamentarsi, a elezioni concluse, della legge elettorale non è molto utile.
Di solito le regole vanno cambiate prima di “giocare” e non dopo, anche per non alimentare il sospetto che le regole andavano cambiate in modo che chi ha perso potesse vincere.
Tutti sapevano, a parte qualche sfrenato ottimista, che nessuno avrebbe vinto al primo turno.
Repubblica Futura, prima delle elezioni, propose di dare vita a un governo di responsabilità a durata limitata votato dagli elettori, per affrontare i problemi più urgenti e per dare tempo alle forze politiche di implementare i percorsi di aggregazione.
Le due coalizioni uscite perdenti dalla consultazione elettorale non hanno minimamente preso in considerazione questa proposta.
La coalizione ADESSO.SM al ballottaggio è stata votata da oltre 9.600 elettori su 17.800 votanti, un consenso che corrisponde ad un’ampia maggioranza. La coalizione SAN MARINO PRIMA DI TUTTO, rispetto alla prima votazione, al ballottaggio non solo non ha guadagnato ma ha perso oltre 1.000 voti.
Il giudizio degli elettori, nella direzione di un cambiamento rispetto al passato, è stato chiarissimo.
La priorità di oggi non è una nuova legge elettorale ma piuttosto temi come il bilancio, lo sviluppo economico, il lavoro, il sistema bancario, i conti pubblici, la previdenza. Sarebbe auspicabile che le scelte veramente importanti fossero ampiamente condivise.
Si potrà ovviamente affrontare anche il discorso di una nuova legge elettorale che aggiusti alcuni aspetti di quella attuale, soprattutto se in futuro si confermerà la permanenza di tre consistenti raggruppamenti politici. Fondamentale, però, è non partire dai motivi sbagliati, con gli obiettivi sbagliati.
Il ritorno al passato, alla sovranità limitata degli elettori a favore dei maneggi dei partiti, sarebbe fatale per il futuro del nostro Paese.
Roberto Giorgetti
Repubblica Futura