Chissà se l’attenzione con cui il Segretario Lonfernini ha letto il “suo” ultimo Decreto sul lavoro (e quelli precedentemente emanati nelle passate legislature) è la stessa di quando ha detto alla TV di Stato che le bollette a San Marino sono del 250% più basse rispetto all’Italia (dimostrando, peraltro, qualche evidente lacuna in matematica)? Ci auguriamo di no, anche se a giudicare dalla sua risposta qualche dubbio ci viene.
Del resto, noi siamo superficiali…lui invece è attentissimo, come si nota.
I Decreti e le norme emesse nella passata legislatura non prevedevano incentivi economici per l’assunzione a tempo determinato di lavoratori (se si eccettua un “contributo” dello Stato pari all’1% della retribuzione del lavoratore stesso, per un massimo comunque di 6 mesi).
Facevano eccezione le cosiddette “categorie deboli” del mercato (over 50, talune categorie di lavoratrici, invalidi): per queste, e solo per queste, si era ritenuto importante coadiuvare attraverso incentivi ben più significativi le aziende che avessero proceduto ad assunzioni, anche se a termine (e comunque per non più di 6 mesi), essendo lavoratori di difficile collocazione.
La riforma degli incentivi realizzata nel 2017 mirava infatti, in generale, a legare gli aiuti a forme di assunzioni stabili, proprio per evitare l’incentivo continuo al turnover che aveva luogo prima del 2016: fuori lavoratori che avevano terminato gli incentivi, dentro lavoratori che ne avevano ancora diritto, tutti a termine.
Purtroppo l’intervento di Lonfernini ha ripristinato questo (triste) modello, che era stato messo in soffitta, prevedendo incentivi ben più significativi (pari al 7,5% della retribuzione) per l’assunzione anche a tempo determinato di categorie di lavoratori molto ampie (ad esempio: tutti i disoccupati da almeno 2 mesi, per il solo fatto di cambiare settore di attività rispetto al precedente) ed allungandone il periodo di percezione fino a 18 mesi: ci sembra che il peggioramento sia evidente, così come l’esborso per le casse dello Stato a fronte di ben pochi impegni per le aziende.
Quanto all’apprendistato, non ci risulta fosse inutilizzato, tutt’altro; in ogni caso, se anche lo fosse stato perché vi erano altri strumenti più vantaggiosi che le aziende utilizzavano, la soluzione non era certo creare condizioni per rendere i giovani eternamente precari e sottopagati, semmai di eliminare quegli articoli che la Segreteria riteneva distorsivi.
Purtroppo la normativa scritta dalla Segreteria, lo confermiamo, favorisce il turnover continuo di giovani, 6 mesi ciascuno, godendo comunque di un significativo abbattimento retributivo. La Segreteria si rende conto di questo rischio oppure no? E se sì, intende correggerlo?
Precisiamo infine, su questo punto, che anche in precedenza l’apprendistato legava gli incentivi al livello di assunzione, esattamente come adesso. Con la differenza che si trattava di assunzioni a tempo indeterminato.
Infine sugli stage. Abbiamo apprezzato, e lo abbiamo detto, la previsione di una “retribuzione” (anche se il termine è improprio per questa tipologia di attività) per gli stagisti, che è una buona novità.
La Segreteria però, siamo sicuri, può facilmente rendersi conto che non basta scrivere in un Decreto che questa attività non è lavoro subordinato perché, nella realtà, non si configuri come tale. Sono i limiti che la norma introduce che possono raggiungere concretamente questo scopo.
E purtroppo, lo ribadiamo, la norma portata dal Segretario Lonfernini toglie un limite che prima esisteva per tutti gli stagisti (massimo 2 stage nella propria vita) e lo lascia solo per una specifica categoria degli stessi (qualificandi, diploman
I limiti previsti per singola azienda, lo confermiamo, sono esageratamente alti: prevedere che una azienda con più di 20 dipendenti possa avere stagisti per il 10% dei propri dipendenti, significa (per le imprese più grandi) una quantità enorme di stagisti contemporaneamente presenti in azienda.
Anche qua, si capisce che grandi distorsioni questo possa creare.
Al Segretario suggeriamo di fare interventi sul mercato del lavoro per riformare davvero le cose che serve riformare: tra queste politiche attive e formazione e meccanismo del collocamento, urgenze che non si è fatto in tempo a ultimare nella passata legislatura per la sua fine anticipata.
Intervenire per il gusto di farlo, per mettere una bandierina su cose che non c’era alcuna necessità di riformare, rischia di generare gli errori fatti con questo Decreto.