La situazione dell’attuale governo si può ben definire come il titolo di un film di qualche tempo fa: “sotto il vestito niente”. Infatti, sotto le stantie prediche e i vecchi slogan, dopo oltre due anni del governo dei 44 gatti, si coglie proprio questo. Niente per il Paese. Anzi peggio.
È stata quasi portata a termine l’operazione “terra da ceci in Tribunale”, così come anticipato a suo tempo da Gabriele Gatti, con la diligente – talvolta poco spontanea – opera dei consiglieri “spingi bottone” di maggioranza. Il governo, che pare sia nato nell’ufficio del magistrato Valeria Pierfelici e forse anche a bordo di qualche piscina, ha palesemente esaurito la sua spinta propulsiva se mai ne fosse stato dotato. Missione compiuta.
Purtroppo, oltre ai maneggi in Tribunale che evidentemente erano di estremo interesse per qualcuno – dentro e fuori dal Tribunale stesso – questo governone, nato con una gigantesca delega in bianco dagli elettori sammarinesi e scaturito da accordi sottobanco prima e dopo le ultime elezioni, non è in grado di affrontare i veri problemi della Repubblica, peraltro in un momento di estrema difficoltà.
Ormai si palesano apertamente la litigiosità, l’incompetenza, l’inconcludenza e la mancanza di obiettivi condivisi di una compagine di governo sgangherata che si regge sugli urli e le minacce dell’ex “Re dell’asfalto” per mantenere una minima parvenza di disciplina nel carrozzone di maggioranza.
Il sistema di sanità pubblica sta sempre più velocemente scivolando verso il collasso sotto il peso di vecchi problemi e nuove incompetenze. Costi fuori controllo, gestione della pandemia COVID alquanto approssimativa, crisi del personale spesso in fuga, difficoltà di assicurare i servizi a cominciare dalla medicina di base, sono ormai cronaca quotidiana. L’unica risposta a tutto questo è stata la chimera di un nuovo ospedale, senza un progetto sulla sanità del futuro, senza un progetto economico e con la concreta prospettiva dello smantellamento della sanità pubblica.
Il bilancio dello Stato è ormai stabilmente in profondo rosso, sepolto sotto una massa di debiti contratti all’estero in maniera poca trasparente e senza uno straccio di idea su come restituirli. L’unica proposta è quella di fare nuovi debiti per pagare vecchi debiti, finché qualcuno fuori dai nostri confini non dichiarerà la nostra bancarotta. E intanto è stata introdotta una patrimoniale permanente per indurre il ritorno dei capitali detenuti all’estero nel nostro sistema bancario, con molti problemi non risolti e con i conti pubblici allo sbando. I nomi dei grandi debitori verso lo Stato e le banche, però, devono rimanere segreti secondo il volere della maggioranza.
Le riforme necessarie ad accompagnare le scelte del pesantissimo indebitamento dello Stato non si sono viste e difficilmente si vedranno nel 2022 e tantomeno nel 2023. Sistema previdenziale, sistema fiscale, contenimento dei costi della pubblica amministrazione, accordo di associazione con l’Unione europea, rinegoziazione degli accordi con l’Italia: siamo, purtroppo, a risultato zero su tutto.
Dinanzi a questo disastro l’ANIS, dopo avere perfino preparato un calendario di interventi da suggerire al governo – puntualmente ignorato nei fatti seppure acclamato nelle dichiarazioni – si è vista costretta a prendere carta e penna per richiamare maggioranza e governo alle proprie responsabilità. Anche le organizzazioni sindacali, davanti allo scempio nella PA e nelle politiche del lavoro, hanno prodotto qualche rilievo.
Dinanzi al nulla di questo governo anche altre primarie associazioni di categoria hanno fatto sentire la loro voce, alla quale il Congresso di Stato ha fatto fronte buttando all’ultimo minuto risorse preziose a “pugnaccio”, senza un’idea concreta di risposte fattive.
Sono ben lontane, nel settore scolastico, le grandi proteste della passata legislatura attorno alla disciplina “epocale” dell’ora effettiva di lezione; tutto si è adagiato placidamente in una quotidianità fatta di scelte incongruenti, confuse e senza prospettiva. Si chiudono perfino classi e plessi, senza apparente logica e senza confronto. Perché si sa: chi protestava animosamente per la chiusura di una classe, oggi al governo chiude un plesso… e tutto scivola via.
Stare ben attaccati alle poltrone, che per molti degli attuali governativi rappresenta una opportunità insperata e difficilmente ripetibile, è ormai l’unico collante di un esecutivo allo sbando. Purtroppo, in questa maniera, si sta trascinando nel baratro il Paese intero. Ancora una volta Repubblica Futura fa appello ad un minimo senso di responsabilità verso la nostra Repubblica, per porre fine a questa pericolosa deriva. Senza troppe illusioni.