Col permesso dell’autore, ricondividiamo l’articolo di Antonio Fabbri apparso oggi su L’Informazione, che la dice tutta sulla portata e la gravità di quel delirante comunicato di domenica delle opposizioni.
A che ora è la fine del mondo? Sarebbe bello saperlo per spostarsi un po’ più in là… come la Raffa.
Nel processo alle intenzioni dello squinternato comunicato sul “colpo di Stato” mancava solo quella: l’ora della fine del mondo.
Non so se qualcuno dei firmatari si sia accorto del danno che è stato arrecato alla Repubblica, al tribunale e al magistrato dirigente che nella nota si sostiene di voler tutelare.
Non so se qualcuno dei firmatari abbia la pallida idea della portata di quello che è stato scritto e, senza remore di sorta, ribadito.
Stride una opposizione politica che, tutta insieme, prende a braccetto il magistrato dirigente e dice esplicitamente: “siamo dalla sua parte” e poi non si fa scrupolo, vero o non vero, a lasciare intendere: “lei è dalla parte nostra”, preoccupandosi pure di far sapere di essere al corrente che in questi giorni la magistratura si appresta ad avviare non meglio precisati procedimenti e audizioni.
Lo sproposito istituzionale messo nero su bianco è di portata epocale perché inquina i rapporti,
getta discredito, dipinge i passaggi consiliari come manovre di illegalità legalizzata e, quel che è peggio, sortisce l’effetto contrario a quello dichiarato.
Inneggia all’indipendenza della magistratura, ma mina la terzietà e imparzialità del giudice che dice di voler proteggere, portandolo dalla propria parte e ponendolo in antitesi con l’avversario politico, quasi a dire che la giustizia debba necessariamente schierarsi per interessi di bottega.
C’è poi il pastrocchio delle denunce: i commissari dimissionari, messi a conoscenza dal magistrato dirigente di “fatti gravi” si sono sentiti di sporgere denuncia, a fronte di ipotesi di reato. Cioè il tribunale, che esercita l’azione penale, comunica alla commissione fatti che alcuni consiglieri ritengono possano essere reato e li vanno a denunciare alla gendarmeria, che poi dovrà attivare il tribunale… da dove era partita la comunicazione.
Una pantomima circolare della quale non è del tutto intellegibile il senso.
Come non ha senso che venga frustrata la fiducia e serenità dei cittadini, con l’opposizione che ha dato ad intendere, vero o non vero che sia, di avere in grazia una parte del palazzo di giustizia capace di una legge uguale per tutti, ma per qualcuno più uguale degli altri.
Questa è probabilmente la cosa più grave che trasmette quel comunicato squinternato, tanto che se chi lo ha scritto recuperasse un briciolo di senno si affretterebbe a smentirlo.
ANTONIO FABBRI